venerdì 23 marzo 2012

e non posso far a meno di tornare alla città in cui tutto ebbe inizio...

...era il 1983 o forse il 1982 e io scoprivo Le città invisibili. Da allora, periodicamente, le percorro; per le loro strade io mi perdo e mi ritrovo. Tutto ebbe inizio tanti anni fa finché, un pomeriggio non troppo lontano, cercando la mia strada raggiunsi Ersilia e tutto mi apparve improvvisamente chiaro...



A Ersilia, per stabilire i rapporti che reggono la vita della città, gli abitanti tendono dei fili tra gli spigoli delle case, bianchi o neri o grigi o bianco-e-neri a seconda se segnano relazioni di parentela, scambio, autorità, rappresentanza. Quando i fili sono tanti che non ci si può più passare in mezzo, gli abitanti vanno via: le case vengono smontate; restano solo i fili e i sostegni dei fili.
Dalla costa d'un monte, accampati con le masserizie, i profughi di Ersilia guardano l'intrico di fili tesi e pali che s'innalza nella pianura. È quello ancora la città di Ersilia, e loro sono niente. Riedificano Ersilia altrove. Tessono con i fili una figura simile che vorrebbero  più  complicata e insieme  più  regolare dell'altra. 
Poi l' abbandonano e trasportano ancora più lontano sé e le case. 
Così viaggiando nel territorio di Ersilia incontri le rovine delle città abbandonate, senza le mura che non durano, senza le ossa dei morti che il vento fa rotolare: ragnatele di rapporti intricati che cercano una forma.

da Le città invisibili, Italo Calvino

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