lunedì 14 novembre 2011

alla finestra

La città consente di vedere senza essere visti e di essere visti senza vedere.
Serge DaneyCités Cinés, 1987
Edward Hopper


Trovo grande consolazione nella contemplazione della struttura urbana, nell'autorevole bellezza dei suoi palazzi antichi come nella malinconica nudità di scheletriche periferie.

In particolare, quando ho bisogno di stemperare lo scompiglio delle mie passioni e alleggerire la pressione delle mie preoccupazioni, ricorro ad un rimedio infallibile nascosto tra le pieghe della città al tramonto: osservarne le finestre. 

Non mi interessa sorprendere e spiare l'intimità altrui, il dato umano è assolutamente privo di interesse per me, quello a cui miro è cogliere l'anima della stanza che si è improvvisamente illuminata, respirarne l'atmosfera, assorbirne il segreto...
Camminare per le vie o lasciarmi trasportare in macchina con gli occhi persi nel buio, tesi a scorgere una finestra che si accende all'improvviso, rappresenta per me la più efficace terapia per rasserenare la mia anima.
La città inaspettatamente mi mette a parte dei suoi segreti, ogni finestra mi racconta una storia diversa, mi riduce al silenzio e s'impossessa della mia attenzione, ogni fibra del mio organismo brucia nell'attesa della narrazione.

Tutte le storie hanno un loro fascino, dietro il sipario di tende e persiane si mettono in scena frammenti di vita vissuta, le trame si rivelano attraverso una grammatica che spesso mi commuove: lampadari arancioni, vecchie librerie, carte da parati, ritratti, specchi...
Così io mi perdo nell'immaginare chi abbia momentaneamente animato quella scena: una mamma che prepara la cena intonando una canzone, una vecchia professoressa che si rifugia tra i suoi libri, una famiglia che si riunisce davanti alla TV, un alieno appena rincasato dopo dieci ore di lavoro in banca che appende all'attaccapanni  la sua sembianza umana come fosse un cappotto...

Lentamente, come l'effetto della fiaba su un bambino prima del sonno, tutto il peso della giornata scivola via, si mescola a racconti di giornate altre, possibili o surreali; la città, immenso albo illustrato, guida i miei pensieri verso percorsi diversi, diluisce i colori della mia tensione in sfumature leggere.

Infine rincaso, serena e soddisfatta, velocemente annoto suggestioni sul mio taccuino per trasformarle in racconti, poi, spente tutte le luci, mi affaccio alla finestra per contemplare la profondità della notte, per trattenere negli occhi un'altra immagine della mia città prima di scivolare nel sonno.
Talvolta accendo la luce per qualche istante, chissà che storia sussurra al buio la mia finestra...

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